‘Il Betta e la Betta’ è il titolo del nuovo romanzo del cavaliere Roberto Cristiano. Per entrare nella trama, e nella narrativa dello scritto, è utile l’introduzione di Mauro Silani che scrive: ‘Il giornalista Roberto Cristiano in questo romanzo ci immerge in una coralità di personaggi che intrecciano le loro vicissitudini con le geografie e mappe della città in cui vivono, intersecandosi perfettamente nei vicoli, stradine e strade di una Napoli che più che teatro si fa osservatrice delle umane vicende accompagnando le evoluzioni o involuzioni dei personaggi. Lo stile è quello di una narrazione in cui il ritmo della scrittura, si può paragonare ad un contrappunto mozartiano, i cui toni variano da una nostalgica descrizione dei luoghi del passato, ad una più ironica ma sempre compassionevole e mai sarcastica dei personaggi… che si riconoscono come esecutori di un destino che non si compie quasi mai in maniera deterministica, pur animati dalla voglia di risolvere i problemi si lasciano poi trasportare da un sano caos degli eventi che miracolosamente si risolve con opposte ‘fortune’. I protagonisti, Il Betta e la Betta, sembrano usciti da una commedia plautina, la cui contemporaneità insiste su un inconsapevole anticonformismo di maniera, che a volte sembra sfociare in un florilegio di pregiudizi e stereotipi, ma servono però a determinare il loro esatto spessore iconografico sottomessi con una sapiente scrittura alla necessità della narrazione…’. La storia descrive i primi incontri dei protagonisti, le scaramucce iniziali, l’innamoramento, la convivenza, gli attacchi di gelosia, i litigi, la gravidanza, i rischi di separazione e la ricomposizione, ad opera del saggio Aquis, di una coppia dai nomi singolari: un Betta e una Betta. Da evidenziare i dialoghi tra i due, soprattutto i battibecchi, pieni di brio e di originalità, che ben riflettono i reciproci caratteri. Da citare, la storia del conte di Mola, la droga dello stupro, la Compagnia di Gesù, gli abusi sessuali dei preti, l’alchimia, la reincarnazione, la storia della pizza ‘margherita’, della strega di Port’Alba, del caffè Gambrinus e altro. Ricompare Aquis, protagonista anche dei precedenti romanzi che, come quest’ultimo, sono ‘white’, ovvero purificati e pronti ad un matrimonio spirituale con l’elevazione dell’anima. Aquis è un Gran Maestro di un Ordine Templare presente anche in altri scritti dell’autore. E’ presente in ‘ilmiosoloamicoègiasone’ che descrive il compimento di un’Agape rituale. Il termine rituale è usato per descrivere l’Agape che cade in una sola giornata del mese di agosto e che vede Sole e Luna in linea retta. In ‘Dalla sommità del cielo più alto’ attraverso un dialogo del Maestro Aquis si colgono le ragioni e i motivi che fanno dei Templari ‘i Custodi del Graal’. E’ necessario a questo punto chiarire il significato del termine Graal, ma osservandolo in compiutezza e trasparenza. Per Santo Graal viene considerato il calice utilizzato da Gesù nell’Ultima Cena e successivamente utilizzato da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue di Cristo crocifisso. La leggenda ci dice che chi tra i mortali riuscirà a trovare la coppa conquisterà la felicità terrena e celeste. A noi non sfugge che alcune verità vengono trasmesse esclusivamente attraverso veicoli simbolici, ed è noto che non tutti i mortali saranno in grado di raggiungere il Graal, ma solamente coloro che sono puri di cuore. Cosa vuol dire essere puri di cuore? Nei precedenti scritti l’autore parlava della purificazione del pensiero e del compimento della procedura alchemica. In questo testo Aquis svela l’importanza del superamento e del controllo dei peccati capitali, così come parlava in un precedente testo della Grande Opera, o raggiungimento della santità raggiunto attraverso il controllo dei peccati capitali, e della Piccola Opera, procedura successiva e squisitamente fisica ma coadiuvata da energie solari. Si sostiene che il Santo Graal sia sepolto a Glastonbury (Inghilterra), luogo in cui sarebbe stato portato da Giuseppe di Arimatea, ma in verità il Santo Graal è sepolto nei fondali della nostra ‘essenza spirituale’, nè più nè meno. Paolo Turiaco, Gran Maestro del Nostro Ordine, purtroppo scomparso, parlava dei Templari come ‘Ospitalieri’ che si dedicavano alla cura degli ammalati, autentica finalità dei templari, così come parlava dell’importanza del controllo dei peccati capitali. Ritornando a ‘Il Betta e la Betta’ è suggestiva la coloritura dei caratteri dei personaggi che si muovono nello scenario narrativo il cui palcoscenico è Napoli. Annota Mauro Silani: ‘Il padre del Betta, Vittorio, ex insegnante di liceo e comunista dichiarato, sembra una emanazione del quartiere Stella, dove è cresciuto e si è formato…la madre della Betta, Annapia detta ‘La Colonnella’, incarnazione di una Napoli benestante ma generosa con gli ultimi… Gianni Geraci il padre della Betta, noto avvocato civilista e grande estimatore della storia di Napoli, ma anche grande amante di Maradona… Evelina, la madre del Betta, ex maestra di scuola elementare… un vero tourbillon di personaggi, in cui il lettore sembra perdersi attraverso il labirinto delle vicende umane, dove lo scrittore rivela le sue doti di osservatore attento, con pennellate descrittive dei caratteri, e con excursus spazio temporali degli scenari, nei quali la storia si dipana ed evolve in maniera scintillante come il mare chiaro di Napoli. Una città vista come incarnazione divina in un corpo mistico accogliente sì, ma da giusta maestra corregge e accompagna con amorevole durezza e severa dolcezza l’evoluzione materiale e spirituale di ogni anima che l’attraversa. Un aspetto non marginale è la funzione dei dialoghi ben articolati, incalzanti, sottolineati da una scrittura vivace e ritmata, che per certi versi ricorda la sceneggiatura di un film che descrivere commedia sarebbe riduttivo. La mancata maternità/paternità, le distanze sociali, il modo di affrontare e attraversare la vita e i suoi accadimenti hanno più a che fare con una drammaturgia contemporanea, che in questo caso viene affrontata in tutta la sua complessità dai protagonisti senza risparmiarsi la consapevolezza di un dolore che spesso nella realtà viene negato, ma in questo romanzo si scopre che rimanere in superficie fa più male che andare a fondo’.
Roberto Cristiano è nato a Napoli. Giornalista professionista, ha pubblicato il libro Un Ponte per lo Stretto, che è stato presentato anche in America. È autore del libro 100 domande al Senatore Sergio De Gregorio e del romanzo ilmiosolo-amicoègiasone, che ha preceduto Dalla sommità del cielo più alto (2019) ed Esmeralda (2021).
Il Betta e la Betta
Edizioni Progetto Cultura