Articolo di Roberto Cristiano (Giornalista e Scrittore)
L’equinozio spalanca la porta all’autunno il 23 settembre, uno dei due giorni dell’anno in cui la durata del giorno è uguale a quella della notte.
L’equinozio d’autunno 2019 cade alle 9,50, ora italiana, del 23 settembre. Infatti, nonostante ciò che si pensi comunemente, le stagioni non cambiano sempre il giorno 21. Questo perché la Terra non ci impiega esattamente un anno a ruotare intorno al Sole, ma lo fa in circa 365 giorni e 6 ore. Perciò ogni anno per tornare nell’esatto punto dell’orbita la Terra ci impiega 6 ore in più. Un tempo che viene poi recuperato ogni 4 anni con l’aggiunta del 29 febbraio (6 ore all’anno x 4 anni = 24 ore, ovvero un giorno) nell’anno bisestile.
L’ equinozio d’autunno – spiega l’Unione Astrofili Italiani (Uai) – sarà salutato da un transito sulle Alpi della Stazione Spaziale, visibile per alcuni minuti all’incirca dalle 20:37. Se nel corso della prima metà di settembre la Iss – precisano gli astrofili – è stata, infatti, visibile in orari scomodi, alle 4 o alle 5 del mattino, nella seconda metà del mese – rassicurano – non mancheranno occasioni per ammirarne alcuni luminosi passaggi la sera.
Il termine equinozio deriva dalle parole latine ‘aequus’, che significa uguale, e ‘nox’, cioè notte. Il 23 settembre è una data particolare, in cui, spiegano gli astrofili, “il disco del Sole resta lo stesso numero di ore al di sotto e al di sopra dell’orizzonte”. Lo stesso giorno nell’emisfero meridionale comincia, invece, la primavera. Finita l’estate, infine, afferma l’Uai, le serate di settembre sono un ottimo periodo “per osservare le stelle cadenti, dato che le notti iniziano ad allungarsi e il numero di meteore sporadiche, che si sommano a quelle degli sciami, raggiunge nel nostro emisfero il massimo annuale. In questo periodo – precisa l’Uai – il punto nello spazio verso cui la Terra si muove è più alto in cielo, e alle nostre latitudini l’atmosfera è investita da una quantità maggiore di particelle meteoriche. Tanto che – concludono – possiamo osservarne in un’ora 10-20”.
Essendo subordinato ai ritmi della natura – con l’estate che volge al termine e l’autunno che incalza – l’equinozio d’autunno è legato da tempo immemore a tradizioni e miti arcaici. Si tratta di un passaggio climatico e stagionale carico di fascino che ha sempre esercitato forte suggestione sui popoli. E’ possibile inoltre ravvisare un comune denominatore in questa festività ovvero il ringraziamento alla terra per i suoi doni al termine della mietitura e l’attesa del freddo. In questo periodo ad Atene si celebravano le grandi Tesmophorie, in onore di Demetra, dea del grano. Il culto pagano che omaggiava il raccolto e l’arrivo della stagione fredda si ritrova anche fra i Celti, che avevano nominato l’equinozio autunnale col nome di Mabon, giovane dio della vegetazione e dei raccolti e figlio di Modron, la Dea Madre: rapito tre notti dopo la sua nascita, imprigionato per lunghi anni fino al giorno in cui venne liberato da Re Artù e dai suoi compagni. Il suo rapimento è l’equivalente celtico del rapimento greco di Persefone: simbolo evidente dei frutti della terra, immagazzinati in luoghi sicuri e poi sacrificati per dare la vita agli uomini. I druidi chiamavano questa ricorrenza Alban Elued, ossia “Luce dell’acqua”. L’equinozio di settembre scandiva anche il primo giorno dell’anno nel calendario repubblicano francese, in vigore dal 1793 al 1805.